Newton,
Sir Isaac
Nacque prematuramente il giorno di Natale del 1642.
Orfano di padre, la madre, che risposandosi lo aveva affidato alla cura dei nonni, lo avviò a quindici anni all'attività di agricoltore nonostante i suoi interessi fossero rivolti allo studio e alla ricerca.
Grazie all'intervento di uno zio, nel 1661 poté entrare al Trinity College di Cambridge dove, pur svolgendo anche mansioni di inserviente, studiò soprattutto le scienze matematiche e fisiche seguendo il maestro e amico Isaac Barrow.
Conseguito il titolo accademico di baccelliere, dal 1665 al 1667 si ritirò a Woolsthorpe per sfuggire a una terribile pestilenza che infieriva su tutta l'Inghilterra.
Durante questo periodo di involontario isolamento, che fu il più creativo della sua vita, N. elaborò il nucleo principale delle sue ricerche.
1) la formula del binomio
2) il calcolo infinitesimale
3) la legge della gravitazione universale
4) la natura dei colori
Si colloca in questi anni il noto aneddoto della caduta di una mela dall'albero che avrebbe indotto N. a chiedersi se la forza che attrae la mela verso la Terra è identica a quella che trattiene la Luna nella sua orbita. In effetti già Keplero, rilevando l'orbita ellittica dei pianeti, aveva sollevato il problema di una misteriosa forza emanante dal Sole, che diminuisce con la distanza e obbliga tali corpi celesti ad abbandonare il loro naturale moto rettilineo. Più di recente era stata avanzata l'idea che questa forza potesse essere quella stessa forza di gravità che provoca sulla Terra la caduta dei corpi. N. suppose che la sfera d'azione di questa forza raggiungesse la Luna, attenuandosi in proporzione al quadrato della distanza, obbligandola a cadere lungo la sua orbita. Calcolate le due forze, quella agente sui gravi terrestri e quella agente, secondo questa ipotesi, sulla Luna trovò che erano quasi uguali. La piccola differenza lo lasciò tuttavia insoddisfatto e non pubblicò nulla sull'argomento per molti anni.
A quel periodo risale anche la sua ideazione del calcolo infinitesimale da lui chiamato metodo delle flussioni in quanto le grandezze variabili di un'equazione sono dette fluenti e flussione la velocità di accrescimento delle fluenti, cioè il rapporto dell'incremento infinitamente piccolo di una fluente rispetto a un'altra fluente. L'interesse di questo calcolo stava soprattutto nella possibilità di esprimere il rapporto fra l'incremento infinitamente piccolo di una curva e il suo cambiamento di direzione.
I più importanti fenomeni naturali avvengono infatti lungo linee curve, come le orbite ellittiche dei pianeti o le parabole dei corpi in caduta.
Lo stesso tipo di calcolo fu elaborato, indipendentemente da Newton, anche da Leibniz nello stesso periodo e ciò fu causa di un'interminabile e infelice polemica sulla priorità della scoperta che divise a lungo i matematici inglesi da quelli tedeschi e continentali.
Non
meno importanti furono in quegli anni le sue ricerche sperimentali di ottica:
scoperse che un sottile raggio di luce bianca, allorché attraversa un prisma
triangolare di vetro, si decompone producendo la gamma di colori dell'arcobaleno
e interpretò il fenomeno ammettendo che la luce bianca è una mescolanza dei
raggi colorati separati dal prisma perché aventi un diverso angolo di rifrazione.
Con altri esperimenti mostrò infatti che tali raggi diretti su un altro prisma,
rovesciato rispetto al primo, producono di nuovo luce bianca mentre un singolo
raggio colorato, isolato con uno schermo, viene deviato dal prisma conservando
il proprio colore.
Nel 1667, riapertasi l'università, N. ritornò a Cambridge
dove percorse rapidamente tutti i gradi accademici e nel 1669 Barrow gli cedette
il suo posto come professore di matematica.
Nel 1672 fu nominato membro della
Royal Society in riconoscimento, più che di una sua memoria De Analysi
che circolava manoscritta, della pubblicazione dei suoi esperimenti di ottica
(A New Theory about Light and Colours) sulle « Philosophical Transactions»
dove si riferiva anche della costruzione, attorno al 1668, del suo primo telescopio
a riflessione. I suoi primi scritti di ottica, unitamente alle Lectiones
opticae tenute nei primi anni del suo insegnamento al Trinity College, ma
edite solo nel 1727, sollevarono un'accesa polemica in seno alla Royal Society,
sostenuta soprattutto da R. Hooke, e ciò fu per N. motivo di amarezza, destinato
ad accrescersi con gli anni e a rivelare il suo carattere ombroso e irascibile.
TEORIE: I PRINCIPI E LA GRAVITAZIONE UNIVERSALE
Negli
anni seguenti N. fu impegnato nella stesura di una trattazione scientifica
rigorosa dei fenomeni astronomici; ciò a seguito di un incontro con l'astronomo
E. Halley che gli chiese di dare una dimostrazione della legge di gravitazione,
legge che Hooke sosteneva d'aver intuito ma non era stato in grado di
verificare. L'opera, intitolata originariamente De motu corporum e in
seguito Philosophiae naturalis principia matematica, fu pubblicata nel
1687 per merito soprattutto di Halley che ne pagò personalmente le spese di
stampa. Nei tre libri che la compongono N. espose in forma assiomatica la nuova
scienza della natura che si era costituita nel Seicento come meccanica.
Anteposta alla trattazione vi è una lunga premessa con la definizione dei
concetti base (massa, quantità di moto, forza, ecc.) e dei nuovi concetti
fondamentali di spazio e tempo assoluti che soli permettono la definizione del
moto. Questo è individuato da tre assiomi o leggi generali (i tre principi
della dinamica) che reggono tutto l'edificio teorico della nuova scienza
meccanica. Da queste leggi N., disponendo di più precise nozioni sulle
dimensioni della Terra, deduce la legge di gravitazione universale per cui non
solo la Terra e la Luna ma tutti i corpi nello spazio si attraggono con una
forza che è proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente
proporzionale al quadrato delle distanze. Venivano così spiegate le leggi di
Keplero, il moto dei pianeti, la precessione degli equinozi, le irregolarità
del moto lunare note da secoli, le maree, ecc. La spiegazione, o deduzione da
pochi assiomi o leggi fondamentali, delle più importanti leggi astronomiche e
di altre terrestri era fatta secondo un caratteristico metodo
geometrico-matematico che impronterà di sé tutta la scienza moderna. Oltre ad
analizzare il moto nello spazio N. considerò anche quello, tipicamente
terrestre, di corpi situati in un mezzo fluido; ciò con lo scopo di confutare
la teoria cartesiana dei vortici che spiegava il moto di tutti i corpi mediante
l'urto di particelle invisibili. La gravitazione produce in effetti un movimento
fra corpi non per contatto ma a distanza: a questa osservazione alcuni
obiettarono che tale azione a distanza ha il carattere di una forza magica e
occulta; altri, come p. es. Leibniz, rimproverarono a N. di non dare una
spiegazione e di non indicare la causa della gravitazione. Ma, paradossalmente,
l'originalità e il merito di N. stavano proprio nel limitarsi a dare la formula
esatta che regola la forza di gravitazione e nel ricavarne matematicamente tutte
le conseguenze che ne derivano: infatti, formula e conseguenze esprimono
rapporti rigorosamente controllabili sui fenomeni e perciò di esse si può dire
che sono vere o false mentre l'ipotetica causa da cui dovrebbe dipendere la
legge di gravitazione appartiene a un ambito di congetture teoriche non
chiaramente o direttamente verificabili in quanto dipendenti spesso da una
definizione metafisica della materia. Tali congetture o ipotesi non sono per N.
necessarie alla nuova scienza fisico-matematica e nel rifiutarle egli si
espresse con la famosa frase «Hypotheses non fingo». I Principia,
nonostante le notevoli difficoltà dell'apparato geometrico dimostrativo, ebbero
un grande successo, riedizioni e traduzioni ancor vivente l'autore. Questi
rallentò tuttavia la sua attività scientifica: nel 1689 fu deputato
dell'università al Parlamento e nel 1692 subì una depressione nervosa che lo
costrinse a una vita ritirata per due anni. Nel 1695, date le dimissioni dalla
cattedra di Cambridge, si trasferì a Londra e divenne ispettore, poi
governatore della Zecca impegnandosi in una difficile riforma monetaria.
LE
ULTIME RICERCHE
Nel 1704 pubblicò la sua ultima
grande opera: Optics: or a Treatise on the Reflections, Refractions, Inflexions
of Colours of Light, in cui sono raccolti esperimenti e riflessioni svolti
in molti anni. Fra l'altro
vi è la dimostrazione che i colori non sono qualificazioni della luce derivanti
da rifrazioni o riflessioni dei corpi naturali, bensì qualità originarie e connaturate
della luce. È inoltre esposta la teoria corpuscolare della luce dedotta dal
fatto che un raggio passando per un foro percorre una linea retta benché altri
fenomeni suggeriscano la sua natura ondulatoria (sostenuta fra i suoi contemporanei
da Huygens). Nell'epilogo sono affrontati molti problemi controversi ammettendo
l'esistenza dell'etere e di una struttura corpuscolare della materia, importante
per interpretare anche i processi della chimica, alla quale egli si era dedicato
con intense ricerche sperimentali per molti anni. Da ciò appare come egli stesso
non rifuggisse da ipotesi quando ciò poteva essergli utile.
Negli ultimi anni
si occupò intensamente dei problemi religiosi che sempre lo avevano interessato
e cercò di ricostruire la cronologia dei tempi antichi combinando metodi astronomici
e analisi della Bibbia. La conciliazione della nuova scienza con il cristianesimo
fu per lui importante. L'ordine preciso del mondo dimostra attraverso la scienza
l'esistenza di una causa prima: Dio non solo ha creato il mondo ma deve in esso
intervenire per impedire le perturbazioni dell'ordine planetario. Il che apparve
a molti l'immagine antropomorfa e limitata di un dio incapace di creare un mondo
fisico autosufficiente. Le concezioni di N. trionfarono nel primo Settecento
su quelle di Cartesio anche per l'opera divulgativa di Voltaire, tuttavia non
secondo gli intendimenti di Newton. La fiducia nella ragione degli illuministi
si giustificò, infatti,non solo con la critica di Locke alla metafisica ma anche
con la certezza e il rigore del metodo newtoniano come formulato nei Principia
e con l'opera di Laplace il quale dimostrò che l'universo era capace di conservarsi
senza alcun intervento divino, per quelle stesse leggi che N. aveva così rigorosamente
formulato.
Alla sua morte fu sepolto nell'abbazia di Westminster.
Disco
di Newton. Disco suddiviso in diversi settori di opportuna ampiezza, colorati
con vari colori componenti la luce bianca; quando viene sottoposto a un rapido
movimento rotatorio esso appare bianco, perché nell'occhio dell'osservatore
si effettua una sovrapposizione dei colori.
Tubo di Newton. Tubo facente parte di una macchina
pneumatica, all'interno del quale viene fatto il vuoto in modo da poter studiare
la caduta dei gravi in assenza dell'aria; si trova sperimentalmente che il tempo
di caduta è indipendente dalla massa e dalla forma del corpo.
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Novara - 2000