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Si parla in genere di scuola pitagorica piuttosto che di Pitagora in quanto la sua figura resta avvolta nella leggenda; i suoi seguaci veneravano la sua persona e le sue parole (autòs efa, ipse dixit: "l'ha detto lui", quindi è vero), ma lui non scrisse nulla.

Originario di Samo (piccola isola del Dodecanneso vicino alla Turchia) visse probabilmente nel VI/V secolo a.C.(580-500 a.C.). Partì giovane dalla sua isola e studiò con molti maestri. Pitagora , grazie ad una lettera di raccomandazione di Policrate (tiranno di Samo) fu accettato in Egitto alla corte del faraone Amasi e vi rimase 22 anni,ascoltando l'insegnamento di molti sapienti. Quando il re persiano Kamvisis sottomise l'Egitto e fece così terminare la dinastia faraonica, il sapiete samiota fu condotto in Babilonia prigioniero per 12 anni. Grazie al celebre dottore greco Dimokisis ( medico personale del re persiano) fu liberato e potè far ritorno a Samo dove ancora regnava il tiranno Policrate. Pitagora, non sopportando la sua tirannia, lasciò nuovamnete la patria a vagò nel paese greco ( Dilo, Creta e Delfi) ;dopo un anno si stabilì in Italia a Crotone (Calabria -Magna Grecia).

Qui fondò la sua scuola; tale scuola che non era solo filosofica, ma anche scuola di vita (con precetti che riguardavano ad esempio il cibo e il comportamento) con influssi anche sulla politica; la scuola pitagorica durò molto tempo, senza che sia possibile discernere con totale chiarezza i contributi dei singoli autori e le differenze tra i vari periodi; va tenuto presente in effetti che tra i pitagorici esisteva una sorta di comunità anche intellettuale. Dopo poco tempo alvuni falsi amoco, che invidiavano la sua fama, accusarono Pitagora di ateismo e di corruzione dei giovani. Al supremo tribunale di Crotone, formato da 1000 giudici, il sapiente greco fu poi dichiarato innocente. Continuò il suo insegnamento e visse fino a 80 anni.

LA DOTTRINA: l'archè Come tutti i "pre-socratici" Pitagora si poneva il problema del principio (arché): rispetto alla scuola ionica con lui il pensiero si spinse un pò oltre il livello della pura fisicità, elaborando concetti di una certa astrazione, come i numeri; il principio è infatti oltre l'immediato: sono i numeri; come dice Aristotele, i pitagorici ritennero : "che tutto quanto l'universo fosse armonia e numero" (Met, libro A). meglio il principio delle cose che vediamo sono i numeri, e dei numeri principio sono :

pari-dispari  /imperfetto-perfetto /indeterminato- determinato /illimitato-limitato,/finito (peras)- infinito (a-peiron).

Il pari non limita: "lascia passare" la freccia. Il dispari invece limita, nella raffigurazione grafica "ferma" la freccia.

I pitagorici furono infatti assidui cultori delle matematiche, anzi si può dire che inventarono la matematica come scienza astratta-speculativa, indipendentemente dalle applicazioni pratiche (già note a egiziani e altri popoli), anche se è difficile precisare quali scoperte possano loro attribuirsi (nemmeno il famoso teorema di Pitagora è sicuramente loro invenzione); e notarono come molti fenomeni osservabili siano traducibili in termini matematici:infatti possiamo constatare che il mondo non è un caos, disordinato, ma una armonia quantitativamente misurabile.

Misurabili matematicamente sono i suoni, le note musicali (coltivarono infatti la musica come strumento purificativo), i cicli degli astri, delle stagioni, il periodo della gravidanza e altro. Ma il numero che è arché di tutto deve essere inteso non come astrazione, pura rappresentazione mentale, ma come realtà sussistente, come fondamento costitutivo di tutte le cose; si è parlato, in tal senso di concezione aritmo-geometrica del numero.

Sarebbe forzato peraltro parlare, come Aristotele, del numero come principio formale e materiale, attribuendo ai pitagorici concetti a loro ignoti. Pare associassero l'1 al punto, il 2 alla linea, il 3 alla superficie e il 4 al solido. A Filolao viene attribuita la sentenza che dei quattro elementi la terra è principiata dal cubo, il fuoco dalla piramide, l'aria dall'ottaedro, l'acqua dall'icosaedro.

COSMOGONIA: sembra ritenessero che l'originario vuoto-illimitato fosse stato "ispirato", informato dall'uno-limitante, e da ciò avesse origine la distinzione di tutte le cose. In tutti i casi per i pitagorici il mondo è un cosmo ordinato, non dominato da forze caotiche e irrazionali.

ETICA: La loro etica si fondeva con concezioni di impronta religiosa orfica. Ritennero che l'uomo fosse essenzialmente anima, di natura divina ed eterna, la cui unione ad un corpo (swma) andava considerata punizione di colpe commesse in una vita precedente, donde la sintetica espressione: swma-shma (=corpo-carcere). Furono in effetti i primi filosofi a sostenere la metempsicosi, che pur non loro inventarono (come credette Wilamowitz) Di conseguenza l'anima deve purificarsi, per sciogliersi dai legami col corpo. Tale purificazione non consisteva in pratiche religioso-emozionali, probabilmente giudicate come magiche e fantastiche, quanto piuttosto in regole pratiche (ad esempio di tipo alimentare, o ispirate a saggia moderazione: il non suscitare l'ira dei potenti("non attizzare il fuoco col coltello"), non violare l'equità ("non far tracollare la bilancia"), non pensare solo all'oggi ("non sedere sulla chenice", cioò la razione giornaliera di grano)) e nel coltivare la scienza. I discepoli dapprima venivano guidati attraverso purificazioni mediche e ascetiche, poi si purificavano con la musica, e in tali primi periodi loro compito esclusivo era tacere e ascoltare; Poi potevano porre quesiti sulla musica e le matematiche; Infine il maestro, parlando da dietro una tenda come un oracolo (accentuando il carattere sacrale della dottrina trasmessa), li istruiva sull'intera dottrina. Si è parlato in tal senso del pitagorismo come di un "misticismo razionalista". per un giudizio. Di positivo va riconosciuto ai pitagorici: aver riconosciuto il carattere armonico del cosmo, permeato di proporzioni numeriche: l'armonia e la bellezza sono sì di tipo qualitativo (ad esempio armonia e bellezza di colori e di forme), ma anche di tipo quantitativo; aver concepito una unità tra pensiero e vita (ai suoi discepoli Pitagora dava anche delle norme di comportamento e richiedeva una sorta di fraternità) .

Limiti della sua impostazione tuttavia sono: l'incapacità di spiegare il male, l'irrazionale, che pure è presente nella realtà che conosciamo.una confusione tra immanente e trascendente, per cui il principio di tutto appare ancora immanente;una certa esasperazione della dimensione matematica, a cui tutto viene ricondotto;l'idea di metempsicosi, per cui la medesima anima passa di corpo in corpo, idea contraria alla realtà della persona e al conseguente principio di responsabilità personale; inaccettabile l'idea di liberarsi dal corpo, che invece è positivo e importante, essendo parte integrante della personalità umana; non dal ma del corpo è la liberazione di cui abbiamo bisogno.

Inaccettabile è anche la fondazione del vegetarianesimo. Pare Pitagora abbia detto: "Amici miei, evitate di corrompere il vostro corpo con cibi impuri; ci sono campi di frumento, mele così abbondanti da piegare i rami degli alberi, uva che riempie le vigne, erbe gustose e verdure da cuocere; ci sono il latte e il miele odoroso di timo; la terra offre una grande quantità di ricchezze, di alimenti puri, che non provocano spargimento di sangue nè morte. Solo gli animali soddisfano la loro fame con la carne, e neppure tutti: infatti cavalli, bovini e ovini si nutrono di erba".

Diogene scrive che Pitagora era solito mangiare pane e miele al mattino e verdura fresca la sera, e che pagava i pescatori perchè gettassero in mare i pesci appena pescati. In un saggio dal titolo "Sul mangiare carne" l'autore latino Plutarco scrisse: "Vi state chiedendo perchè Pitagora si astenesse dal mangiare carne? Io, da parte mia, mi domando piuttosto per quale ragione e con quale animo un uomo, per primo abbia potuto avvicinare la sua bocca al sangue coagulato e le sue labbra alla carne di una creatura morta; come abbia potuto mettere sulla propria mensa dei cadaveri di animali e definire cibo e nutrimento quegli esseri che fino a poco tempo prima muggivano o belavano, si muovevano, vivi. Come abbia potuto sopportare la vista di un massacro, la gola squarciata, la pelle scuoiata, gli arti staccati, sopportare il cattivo odore come abbia fatto a non provare ribrezzo a contatto delle piaghe degli altri esseri succhiandone addirittura succhi e siero dalle ferite!

L'uomo non si nutre certo di leoni e di lupi, per autodifesa ma, al contrario, uccide creature innocue, mansuete, prive di pungiglioni o zanne. Per un pezzo di carne, l'uomo le priva del sole, della luce, della durata naturale della vita alla quale hanno diritto per il fatto di essere nate".